Un ultimo saluto a Carlo Padovese

Ieri il nostro amico Carlo Padovese si è spento. Speleologo da oltre 40 anni, segretario del nostro gruppo per quasi 30 anni, è una delle figure storiche della speleologia isontina. La sua lunga malattia gli aveva impedito, nell’ultimo anno, di continuare l’attività speleologica. Ma è rimasto con noi fino all’ultimo, aggiornandosi sugli scavi e le altre attività via telefono. Una forma di speleologia “da remoto” che non avremmo mai potuto immaginare fino a prima della pandemia ma della quale Carlo, sempre curioso verso il futuro, ha saputo approfittare. Da speleologo ha vissuto l’era delle scalette, poi quella delle corde, e ora anche quella delle videochiamate.

In questi giorni stavamo cercando di decidere se e come organizzare la solita festa per la prima domenica dell’anno. Ora sappiamo che sarà la prima senza Carlo. Senza Carlo a controllare quando la pasta è cotta. Senza Carlo a scattare le fotografie. Senza Carlo a battere le mani a ritmo della fisarmonica. Senza Carlo seduto vicino al caminetto, lui riscaldato dal fuoco e noi riscaldati dai suoi aneddoti dei decenni passati.

Noi tutti gli siamo debitori: senza la sua capacità di organizzare non saremmo mai riusciti a imbarcarci in così tante imprese. Se oggi le Talpe del Carso hanno questa reputazione è anche merito di chi ha saputo individuare la strada giusta da percorrere ogni volta, in quel labirinto di cunicoli invisibili che è il mondo non sotterraneo, tenendo la barra dritta con un gruppo di persone eccentriche, sanguigne, e complicate come siamo noi speleologi abituati a muoverci nei visibili cunicoli sotterranei.

Da attuale segretario, nel 2014 Carlo mi ha passato il testimone, mi permetto di descrivere un ricordo personale. La prima sera in cui sono arrivato alla baita avevo 16 anni, tanta curiosità, un paio di libri sulla speleologia recuperati in biblioteca, e poche idee su come funzionasse davvero l’attività nelle grotte. Vidi una manciata di persone sedute sulle panchine fuori dalla baita, il primo a salutarmi fu proprio Carlo. Con la sua camicia rossa e la barba bianca sembrava la classica raffigurazione di Babbo Natale. Peccato fosse agosto. Lui, abituato alla titubanza di chi si avvicina a questo strano mondo, rimase stupito dal fatto che volevo iscrivermi subito. Io, che immaginavo la speleologia come diametralmente opposta alla tecnologia, rimasi stupito dalla sua domanda: “Sai usare un computer? Abbiamo dei sensori nuovi e dobbiamo analizzare i dati”. Mi disse subito che la speleologia è fatta da due cose: lo scavo e la ricerca scientifica. Senza il duro lavoro manuale non si potrebbero aprire nuove finestre sul modo ipogeo. Ma senza lavoro intellettuale, senza la ricerca scientifica, lo sforzo fisico sarebbe fine a se stesso. La vera, buona, speleologia è un attento bilanciamento di questi due sforzi. Grazie, Carlo. Per avere timbrato la mia tessera 14 anni fa. Per avermi introdotto nella famiglia delle Talpe del Carso come se ne avessi sempre fatto parte. Per avermi trasmesso una immagine di quello che la speleologia dovrebbe essere. Grazie Carlo. Grazie di tutto.

Sit tibi terra levis.